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Vatican Insider ( La Stampa) dà conto dell’apertura della Porta della Misericordia al Due Palazzi


REDAZIONE
TORINO
Il vescovo di Padova, mons. Claudio Cipolla, domenica 27 dicembre, ha aperto la Porta della Misericordia della Cappella del Carcere Due Palazzi di Padova, che diventa così chiesa giubilare per i detenuti e per quanti nei prossimi mesi potranno vivere il giubileo in carcere.

Un momento di forte emozione che ha visto, accanto ai detenuti, la parrocchia del Carcere coordinata dal cappellano don Marco Pozza, il gruppo di catechisti e catechiste, i rappresentanti delle associazioni che operano all’interno della casa di reclusione (Piccoli Passi, Ristretti Orizzonti) e delle cooperative Officina Giotto e Altra città, il direttore del carcere Ottavio Casarano, il presidente del tribunale di sorveglianza di Venezia Gianmaria Pavarin, il magistrato di sorveglianza di Padova Linda Arata, il commissario della polizia penitenziaria Salvatore Parisi, due gruppi parrocchiali provenienti da Villa di Teolo e Chiesanuova. Tra i presenti anche fra Beppe Prioli, da 52 anni in ascolto e al servizio dei detenuti, alcuni presbiteri diocesani “amici” della casa di reclusione Due Palazzi e suor Lia Gianesello, anima delle Cucine economiche popolari, altra periferia esistenziale.

Il vescovo ha invocato luce, «segni di consolazione, di parole di incoraggiamento, di gesti che ci diano speranza. Facceli vedere, Signore. Dà intelligenza, volontà e forza a quanti ci governano, a quanti possono modificare regolamenti e leggi perché ad ogni uomo sia sempre riconosciuta dignità di uomo, perché vengano tolte le pene di morte, anche nascoste, come quelle di una pena che termina nell’anno 9999».

Il vescovo ha ricordato la difficoltà ulteriore, per i carcerati, dei giorni di festa che parlano di affetti, di calore, di famiglia: i giorni del Natale del Signore, qui «sono giorni di tristezza, giorni di mancanza», che fanno crescere nostalgia, rabbia, chiusura dal cuore. Da qui l’invocazione per chi non conosce la realtà del carcere e vive schiavo delle banalità e di stili di vita utili «solo al consumismo e ai suoi meccanismi disumanizzanti», ma anche «per quanti, senza saperlo e per debolezza, ci procurano ulteriore male scagliandosi contro chi ha sbagliato, contro chi sa di aver sbagliato e accetta di vivere un percorso di liberazione dal suo delitto. Abbiamo di fronte agli occhi anche le persone alle quali, con le nostre azioni, abbiamo recato sofferenza e dolore. La nostra consolazione viene anche pensando che questo dolore possa essere in qualche modo risanato: forse tu, solo tu, puoi rimediare e portare consolazione dove noi abbiamo portato sofferenza».

Il gesto di aprire la Porta della Misericordia – ha ricordato il vescovo Claudio – ricorda che «tu, Signore, sei più grande del peccato, del delitto, dell’ingiustizia fatta e subita» e dice al mondo «che tu sai entrare ovunque: entri nelle carceri, entri nelle celle, entri nei cuori ingabbiati. E li rendi liberi di amare. Tu non pretendi la risposta, ma intanto ci ami. Sarà l’amore a cambiarci, la tenerezza, la prossimità. Giubileo è quanto tu fai per noi».

Infine il vescovo nella sua preghiera ha chiesto tre miracoli. Il Primo: «Converti il mio cuore ad accogliere la tua tenerezza; Cerca chi parli di te tra i volontari, tra gli agenti di polizia, tra i carcerati e costituiscili “tuoi angeli” in mezzo a tanto dolore, rabbia e male». Il secondo: «Fa che tutti questi uomini percepiscano che tu vuoi loro bene, che li stai attendendo come il padre attende il figlio allontanato da casa. E li attendi per abbracciarli e accompagnarli anche nelle loro pene, per confermarli, se vogliono, nella dignità di essere tuoi figli, proprio qui. Restituisci, o Signore, fin da ora coraggio e libertà di amare, di sperare, di sognare anche in una cella. Anche qui c’è spazio per la santità»; E infine il terzo: «Aiuta tutti noi, preti, carcerati e liberi cittadini ad accorgerci dell’importanza fecondante e generante della tua infinita e illimitata misericordia. Aiutaci a restare fratelli e a correggerci cercando il bene e facendo il bene».

Al termine della celebrazione alcuni detenuti dell’alta sicurezza hanno donato al vescovo Claudio un corporale e due croci in legno da loro realizzate.

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