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Apr

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COVID-19: una nuova sfida anche per la Chiesa

A cura di F. Angrilli, M.L. Vincenzoni

Ogni pandemia ha costituito un formidabile, nuovo tornante storico, cambiando la demografia, la struttura del potere, l’economia, la produzione culturale e artistica. Ogni pandemia ha sollevato potenti interrogativi sul rapporto tra fede e scienza, sul perché del dolore innocente, sul senso del sacro e della comunità che condivide una fede.

Gli scopi di questo nostro breve intervento sono tre: la risposta della Chiesa cattolica, a partire dal Papa, a questo evento che sta coinvolgendo tutto il pianeta, la tradizione ignaziana di dialogo e fondamentale contributo alla scienza e, da ultimo, un invito a leggere due libri che, scritti da studiosi, pongono interrogativi morali ed etici attualissimi.

La copertura mediatica del COVID-19 è ed è stata enorme: a differenza dell’HIV/AIDS, della SARS e di Ebola questa patologia ha investito in modo veloce e aggressivo tutto il mondo. Si è molto parlato degli effetti sociali, psicologici ed economici del lockdown, delle strette misure di distanziamento e isolamento sociale e del dopo-pandemia. Si è anche visto come la scienza e l’arte medica non siano uniformi nei pareri: spesso leggiamo pareri diversi nel campo clinico e della ricerca. La scienza medica è stata al centro delle comunicazioni, sia dalle istituzioni ai cittadini che all’interno delle varie istituzioni stesse, governo centrale e governi regionali o comunali. Dopo i primi tempi si è evidenziata una chiara non concordanza tra i vari rappresentanti della scienza medica.
Al momento in cui si è passati a chiedere la ragione di tali discordanze: tra le previsioni, i consigli sulla condotta da tenere, e l’efficacia di alcuni farmaci coadiuvanti, è venuta fuori la dipendenza dell’efficacia della cura dalla costituzione o “risposta” del malato, che è il grande inconoscibile insieme alla tecnica di attacco del nuovo virus, al momento poco noto.
Molto correttamente nel ciclo di conferenze Antonianum del 2017 dedicate alla Medicina “Medicina: arte, scienza e pratica etica” tra i quattro attributi della medicina, scienza non è stata messa al primo posto. Ovviamente la scienza medica esiste ed è molto importante ma i risultati delle cure dipendono anche dalle caratteristiche psico-biologiche del malato, unico e irripetibile. Ma questa unicità può essere inserita in una media e affrontata statisticamente con i protocolli di cura. Ovviamente anche questi sono dinamicamente aggiornabili (scienza) e selezionabili dal “medico curante” in base alle sue valutazioni della situazione globale (arte e pratica etica).
Nei casi di epidemie o pandemie l’esperienza dell’umanità ha validato e verificato un solo rimedio, l’isolamento sociale (quarantena) per un tempo adeguatamente lungo, che subisce però una dipendenza dalla risposta psicologica dei possibili contagiabili. A questo punto la risposta delle coscienze, anche religiose, a non volere contagiare il prossimo, può essere fondamentale.

Papa Francesco ha avuto un ruolo profetico, con l’enciclica Laudatosi’, scritta nel 2015, il terzo anno del suo pontificato, nell’indicare come le strutture sociali abbiano spesso permesso alle malattie di prosperare. Padre Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica ha detto in questi giorni, parlando della pandemia provocata dal Coronavirus, che “è evidente che bisogna riprendere in mano l’enciclica Laudatosi’, enciclica sulla casa comune che non è solo un’enciclica sull’ambiente ma che riguarda la dottrina sociale della Chiesa. Essa fa comprendere le questioni ecologiche che hanno un impatto fortissimo, devastante sulla vita su questa nostra Terra, e sulla giustizia sociale. Questa enciclica è un atto di leadership globale che supera anche i confini tra credenti e non credenti ed indica una direzione”. Le epidemie non sono eventi casuali che affliggono le società in modo capriccioso, senza un avviso. Al contrario, ogni società produce le proprie vulnerabilità. Studiarle significa campire le strutture sociali, gli standard di vita, le priorità politiche.

La Laudatosì mise a tema a livello globale questa argomentazione, venne scritta personalmente da papa Francesco (insieme a diversi esperti e scienziati) e – un paio di giorni prima della promulgazione – era stata inviata via mail a tutti i vescovi (e sono migliaia). Le zoonosi, ovvero le malattie trasmesse dagli animali all’uomo, esattamente come il Covid-19, sono conseguenza di nostri comportamenti errati: la distruzione di habitat e di biodiversità provocata dall’uomo distrugge gli equilibri ecologici in grado di contrastare i microrganismi responsabili di alcune malattie e crea condizioni favorevoli alla loro diffusione. Dobbiamo comprendere che le foreste sono il nostro antivirus. La loro distruzione espone l’uomo a nuove forme di contatto con microbi e con specie selvatiche che li ospitano.

Sono temi che Francesco ha ripreso di recente, nella lettera “Querida Amozzonia”, esortazione apostolica post-sinodale dell’ottobre 2019. Certamente un testo che ci aiuta anche a meglio comprendere come scaturiscono le misure adottate per contenere l’epidemia di coronavirus, considerato il legame strettissimo tra le malattie che stanno terrorizzando il pianeta e la distruzione degli ecosistemi. Lo “spillover”, il salto dagli animali all’uomo di virus e batteri che diventano le pesti di oggi sono provocate dalle nostre scorrerie in nicchie ecologiche che, se rispettate, mantengono silente e sotto controllo questo serbatoio di agenti patogeni. Se, al contrario, sfruttate, sfigurate e distrutte, gli stessi agenti si replicheranno velocemente e faranno ben presto lo spillover, il salto sull’uomo.

La risposta della Chiesa al COVID-19 non è stato un saccente e spietato “ve l’avevo detto”. Di fonte alla tempesta, la cura apostolica, la preghiera per gli ammalati, le comunità impoverite a causa del virus,  gli scienziati, il personale medico, i lavoratori attivi per mantenere le attività essenziali hanno dominato l’azione ecclesiale, guidata da Papa Francesco. Ha fatto il giro del mondo l’immagine di un Pontefice solitario, sotto una pioggia sferzante, in una piazza San Pietro vuota, che implora e grida: «Svegliati Signore! Salvaci!” richiamando il passo del Vangelo in cui i discepoli sono atterriti dalla burrasca e Gesù dorme.

Il dialogo tra fede e scienza ha una lunga storia nella Compagnia di Gesù: Padre Cristoforo Clavio (1538-1612) matematico e astronomo tedesco, scrisse trattati di aritmetica, geometria, trigonometria, algebra, astronomia e calendaristica che arrivarono rapidamente in tutta la rete di scuole e missioni della Compagnia, anche in Cina, dove furono tradotte da missionari allievi dello studioso. Impossibile elencare gli scienziati e le acquisizioni frutto del lavoro di ricerca dei Gesuiti. Giovanni Battista Riccioli, S.J. ,nel 1651 pubblicò l’Almagestumnovum, astronomiamveteremnovamquecomplectens, in due volumi, nel quale inserì una mappa lunare, dando ai crateri nomi ancor oggi usati. Nel 1814, dopo il ripristino, la Compagnia di Gesù dimostrò il suo enorme impegno scientifico-istituzionale dando vita a una rete mondiale di stazioni sismologiche e a settantaquattro osservatori astronomici. Ancor oggi fornisce personale altamente qualificato all’Osservatorio Vaticano, la Specola Vaticana, sia nella sede di Castelgandolfo che nel secondo centro di ricerca, il “Vatican Observatory Research Group” (VORG), a Tucson in Arizona. Fratel Guy Consolmagno, S.J., che si è formato al MIT, direttore della Specola Vaticana, ha vinto il premio Carl Sagan per la divulgazione scientifica della Società astronomica americana  per “aver spiegato in modo eccezionalmente razionale come religione e scienza possano coesistere”.

Infine, come promesso in apertura del mio intervento, un duplice invito alla lettura. Il primo, ci vorrà un po’per leggerlo in italiano, è in inglese, scritto da Frank M. Snowden, emerito di storia e di storia della medicina a Yale. S’intitola “Epidemie e società: dalla peste bubbonica ad oggi”. È un libro per tutti, divulgativo ma rigoroso, e racconta come le epidemie abbiano influenzato non solo la medicina e le salute pubblica, ma anche trasformato l’arte, la religione, l’ambiente, le disuguaglianze sociali. Ad esempio oggi in alcuni luoghi, come le città dell’India, il distanziamento sociale è un lusso per i ricchi. Il secondo libro, scritto da David Quammen, è “Spillover- l’evoluzione delle pandemie” Adelphi 2014. Numerose le ristampe e anche in questo caso dovrete avere pazienza: con l’esplosione del coronavirus non è rimasta neppure una copia, ma è in ristampa velocemente. Un volume scientifico ma anche di narrativa, ricco di suspense, colpi di scena, avventure in tante parti del mondo.

Parlando di COVID-19 Andrea Vicini, su La civiltà cattolica ricorda che sono tante, e devastanti, anche altre epidemie, che tuttavia infuriano soprattutto nei Paesi impoveriti: “AIDS,se consideriamo le stime complessive dall’inizio della pandemia, le persone risultate sieropositive sono 74,9 milioni, con 32 milioni di decessi causati dall’Aids. Si calcola che, nel 2018, 3,2 miliardi di persone vivessero in aree a rischio di trasmissione della malaria in 92 Paesi del mondo (soprattutto nell’Africa sub-sahariana), con 219 milioni di casi clinici e 435mila morti, di cui il 61% erano bambini con meno di 5 anni. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, 10 milioni di persone in tutto il mondo si sono ammalate di tubercolosi nel 2018, con oltre 1,2 milioni di decessi, di cui l’11% tra bambini e ragazzi con meno di 15 anni”. Leggere questo oggi impone una domanda: perché questa informazione non ci riguarda?”.

 

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